domenica 30 gennaio 2011

Un ragù di maiale per liberarci da Berlusconi

ragù di carne
In questi giorni non riuscivo a scegliere la ricetta con cui ricetta partecipare all'iniziativa per le dimissioni di Berlusconi della Madama Bavareisa e Kemikonti.
Non volevo fare cose sfiziose, stile "Milano da bere" si sarebbe detto una ventina di anni fa.

Sono 17 anni che ci sorbiamo la Milano da bere berlusconiana. Sono 17 anni che ci sorbiano le sue schifezze che stanno mandando il paese a scatafascio. Sono 17 anni che subiamo il suo lavaggio del cervello mediatico a suon di becero maschilismo e quoziente intellettivo inesistente.
Per riallacciarmi al suo ultimo video-messaggio (o è già il penultimo... ormai se ne perde il conto!), dopo 17 anni di leggi ad personam, condoni edilizi e fiscali, regalie ad amici e parenti a spese dello Stato, interventi devastanti sul territorio, tagli dissennati ai servizi essenziali, preoccupanti modifiche della Carta Costituzionale e quant'altro, adesso ci tocca di subire anche lo sputtanamento internazionale a sfondo sessuale a base di prostitute di età variabile, forse droga, squallore da filmacci porno degli anni 70.
Ovviamente ancora tutto da confermare nei vari gradi di giudizio (sempre che si arrivi, a un giudizio!), per ora sono solo imputazioni, ma se dal punto di vista penale questo è fondamentale, dal punto di vista politico conta poco, perché ormai il personaggio è in balia degli eventi, sottoponibile ad ogni ricatto, da parte della prima 17enne che gli capita a tiro, ma potenzialmente anche da altri e ben più inquietanti personaggi.

Io non guardo mai la TV, l'ho visto l'altro giorno, gli occhi piccoli, la faccia tirata, i capelli neri e fluenti, tutto così spudoratamente finto, falso, e poi il tono della voce, e tutto quel vomitare odio e bugie.

Un vecchio poco lucido (avevo scritto una parolaccia, ma ho corretto per non confondermi con la volgarità imperante) fissato col sesso sta rovinando le nostre vite, e nessuno fa niente per fermarlo. Capita ad alcune persone anziane, ma quando uno arriva a questo punto di solito non ha responsabilità di sorta, figuriamoci governare un paese!

Leit motiv del momento: ognuno a casa sua fa quello che gli pare. Sì, certo, ma solo se è permesso dalla legge (e ad esempio lo sfruttamento della prostituzione minorile non mi sembra sia consentito) e poi in ogni caso una figura pubblica e con così alta responsabilità istituzionale non può essere ricattabile.

Vuoi il potere?
Evita di andare a puttane. Evita di farti quella striscia. Evita di frequentare il tuo amico di gioventù colluso con la mafia.
Dovrebbe essere il punto di partenza di ciascun politico, ma ultimamente sembra che il comportamento ineccepibile sia diventato un'eccezione. Ormai sono anni che rimpiango Andreotti e Moro, e questo la dice lunga su quanto siamo caduti in basso.

Insomma, volevo trovare una ricetta lontana mille miglia dal berlusconismo.
E dopo tanto pensare, l'altro giorno ho fatto il ragù, per preparare le lasagne di cui vanno matti i miei figli. Il ragù della mia nonna Maria, emiliana doc, lo stesso che facciamo tutti in famiglia, io, mia mamma, mia zia, mia cugina, tutti uniti dal rito del ragù. Una ricetta familiare, che si ripete da generazione in generazione, alla quale ognuno aggiunge quel quid che la rende uguale a quella della zia ma anche diversa, una specie di metafora della trasmissione dei saperi della tradizione.
Ed è arrivata la mia pargola, che, da brava figlia di food-blogger, per passarsi il tempo durante l'ennesima malattia, si è messa a giocare alla mise en place :-) Ne ha messo un po' in una ciotolina, l'ha decorata a modo suo, ha preso la macchina fotografica e ha scattato questa foto. Il tutto a mia insaputa.
E quando ho visto la foto ho capito che questa era la ricetta giusta, che solo un semplice e normalissimo ragù di famiglia poteva battere il lusso sfrenato delle feste a base di caviale, champagne e puttane, e che solo le manine di una bambina che fanno il segno di vittoria possono battere il degrado di una politica mai scesa così in basso.

Con questa ricetta partecipo all'iniziativa per richiedere le dimissioni di Berlusconi e del Governo, promossa da Norma aka Madama Bavareisa e Kemikonti.

Liberiamoci dal maialeEdit del 31/1: L'iniziativa è stata segnalata anche da Repubblica, qui.

E ora veniamo alla ricetta. Che ha pure il vantaggio di essere senza rischi di contaminazioni da glutine. Che volete di più?

Ragù di carne alla bolognese (della nonna Maria)
Ingredienti
  • 1/2 kg macinata di manzo
  • 200 g di macinata di maiale
  • 1 cipolla media
  • 1 carota
  • 1 costa di sedano
  • vino bianco
  • olio
  • concentrato di pomodoro
  • pomodori pelati
  • 4 bacche di ginepro
  • 2 foglie di alloro
Preparazione
Fare un battuto molto fine con la mezza cipolla, la carota e la costa di sedano.
Metterlo in una casseruola con un po’ d’olio e farlo appassire bene a fuoco basso, senza dorarsi. Se dovesse cominciare a bruciare senza essere appassito, aggiungere un po' di vino bianco.

Aggiungere quindi le due macinate (si può anche fare sostituendo alla macinata di maiale un paio di salsicce spellate, ma preferisco farlo così anche perché le salsicce sono prodotti a rischio, e quindi bisognerebbe fare riferimento al prontuario per comprarle) e farle rosolare ben bene sbriciolandole con la forchetta.
Versare quindi 1/2 bicchiere di vino bianco e farlo sfumare; a questo punto aggiungere tre cucchiai di conserva di pomodoro, le bacche di ginepro un po' spiaccicate e lasciare sul fuoco per un po’, mescolando, per far sì che il tutto si insaporisca bene.
Abbassare quindi il fuoco, aggiungere un barattolo di pelati aggiungendo eventualmente dell'acqua calda (deve essere piuttosto liquido), le foglie di alloro e lasciar bollire a fuoco basso per un’ora e più. Aggiustare di sale ed è pronto.

giovedì 27 gennaio 2011

Entro il 6 febbraio: liberiamoci del maiale!!

Sono travolta dagli scrutini, sto trascurando il blog, non leggo manco i giornali, ma che stia succedendo qualcosa in questo ineffabile paese me ne sono accorta pure io.
E quindi copio-incollo pari pari una proposta da Madama Bavareisa e Kemikonti.

Rieccoci qui, un gruppo di bloggers stufe dei comportamenti insultanti nei confronti delle donne del presidente del Consiglio. Atteggiamenti già noti da tempo, ahimé, ma che adesso hanno oltrepassato davvero ogni limite, manifestandosi in modo chiaro ed univoco agli occhi di chiunque abbia un minimo di buon senso e una dose di dignità.

Già quando ci ritrovammo a commentare il gran numero di adesioni e di ricette raccolte per “Metti un finocchio a cena”, uno dei pensieri ricorrenti fu: guarda, non se ne può davvero più… Qualcosa nelle nostre cucine stava fermentando, e non stiamo parlando di kefir e lievito madre, che, non ce ne voglian le fautrici, son tanto buoni e fan tanto massaia bon ton, più crescono e più cresce l’autostima, ma… mah! alla nostra dignità credo aggiungano poco. Quella dignità che negli ultimi mesi è stata calpestata al limite della sopportazione…

È in fermento la nostra capacità di reagire, di chiedere rispetto, da parte di chi ci governa, con i mezzi a nostra disposizione: la parola, l’ironia e….mestoli e padelle! Ora basta!! (qui il link alla raccolta firme lanciata da Concita De Gregorio, sul giornale di cui è Direttore). Segnalo anche la mobilitazione per il 13 febbraio di cui parla il quotidiano La Repubblica, precisamente qui

nel momento in cui le donne vengono scelte e premiate in base non al merito ma a qualcos’altro che con la professionalità, l’impegno, l’intelligenza ha poco o nulla a che fare, è stata riversata addosso l’inutilità del loro sacrificio” (G.Bongiorno, presidente commissione Giustizia della Camera)

Chi è disgustato quanto noi dovrebbe pubblicare entro domenica 6 febbraio una ricetta in cui il maiale sia protagonista…non importa se cucinerete un sontuoso carré o un panino alla mortadella, non è un vero e proprio contest, ma un’iniziativa di dissenso… fotografate un wurstel, se non avete tempo di cucinare, ma partecipate ugualmente! E per i bloggers non-food, sarà sufficiente aprire un post e commentare… a ruota libera!

Basterà esporre il banner dell’iniziativa, spiegando nel post le ragioni della propria partecipazione, i vostri motivi di disgusto, e comunicarci l’adesione fra i commenti al post di Norma aka Madama Bavareisa e/o nell’analogo post che troverete da Kemikonti.

Valgono anche le ricette già pubblicate, e ovviamente non solo da donne!! ^_^


per il codice banner, cliccate qui e copiate il codice che vi compare nella finestra: http://tinypaste.com/684b8 per incollarlo nel vostro blog!

Per carità non saremo noi a cambiare le sorti del paese, già l’altra volta c’è stato chi ha detto che non vuole mischiare politica e cucina. Beh, citerò dardadi, una commentatrice della scorsa iniziativa: “tutto ciò che acquistiamo per poter preparare un piatto..è politica, far quadrare i conti è un atto di eroica politica ai giorni nostri” e aggiungo che il nostro essere donne attive degne di rispetto va ben oltre le quattro pareti rassicuranti di una cucina.

Come ci è venuta l’idea del maiale? Beh… per analogia, ovviamente! Sicuramente troveremo mille modi per renderlo appetibile e… per esorcizzare un po’…e liberarcene almeno virtualmente!

Buona cucina!

Mi dispiace un po' per il maiale, che è la mia carne preferita, ma come dicono Norma e Kemi lo sapremo nobilitare.

Per le ricette, ritornerò quando sarà passata la buriana.

giovedì 20 gennaio 2011

La polenta del riciclo (con le verze)

polenta verze patate taleggio
Che ci volete fare se questa è la stagione della verza? Noi la mangiamo almeno una volta alla settimana, anche in modo semplicissimo, tagliata fine fine, e fatta appassire in padella con un filo d'olio e il sale. Viene proprio buona, è un contorno molto salutare, e piace anche a tutti (beh... al pargolo capriccioso no, ma diamogli tempo, è ancora piccolo).

Questo piatto è un vero piatto del riciclo.
Metti che il giorno prima tu abbia fatto polenta e spezzatino, e che ti sia avanzato un bel pezzo di polenta.
Metti che per contorno ci fossero le verze di cui sopra, e te ne siano avanzate un po'. Metti che il pargolo capriccioso non mangi le verze e allora avessi lessato, per lui solo per lui, un paio di patate.

Aggiungi che il giorno stesso tu abbia avuto cinque ore di lezione la mattina, e collegio dei docenti fino alle sette di sera.
Cosa cavolo porti in tavola per cena?
Toh... Nel frigo c'era pure un pezzo di taleggio in procinto di andare al creatore...

Ecco, c'est tout.

Malgrado sia un piatto del riciclo, questa roba è una vera meraviglia di profumi e di sapori.
E quindi lo propino a voi, come ai miei familiari, con grande entusiasmo.
Le dosi sono tutte terribilmente a occhio.

Polenta pasticciata con verze e taleggio
Ingredienti
  • 1 pezzo di polenta cotta il giorno prima (¶)
  • 1 verza
  • 2 patate già lessate
  • 200 g di taleggio
  • burro
  • parmigiano reggiano
  • sale
  • pepe
  • noce moscata
  • vino bianco
  • latte
  • olio EVO
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Preparazione
Preparare la verza: sfogliarla, lavarla bene (per allontare gli ospiti sgraditi) e tagliare le foglie a striscioline fini. In una padella capace dai bordi alti (io la faccio nel wok) mettere un filo d'olio, e farci appassire la verza, salando con un bel pizzicone di sale.
Quando è un po' appassita sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco, quindi incoperchiare e far cuocere per un quarto d'ora/una ventina di minuti, finché la verza è cotta ma ancora un po' croccante.
Otterrete più verza di quanta ve ne serve in questa ricetta, ma quella avanzata ve la potete mangiare per contorno.

Imburrare delle pirofiline monoporzione.

Tagliare la polenta a fette alte circa un cm. Disporle in modo ordinato nelle pirofile.
Mette sulla polenta uno strato di fettine di taleggio, quindi delle fettine di patate lesse, spolverate con del parmigiano grattugiato, una spruzzatina di latte, una grattatina di noce moscata, un po' di pepe, quindi ricominciate fino a quando non avete finito gli ingredienti.

Mettere sopra qualche fiocchetto di burro (con moderazione) e informate nel forno già precedentemente riscaldato a 180°. La cottura non è lunga, giusto il tempo di sciogliere i formaggi e scaldare il tutto, visto che gli ingredienti sono tutti cotti.

P.S. ovviamente viene bene con qualunque formaggio un po' fondente, dal gorgonzola allo stracchino alla mozzarella alla fontina. Ma secondo me il taleggio ha una marcia in più

lunedì 17 gennaio 2011

Verr....(z)ine di baccalà, porri e fagioli

verzine di baccalà
L'altra sera siamo andati a cena da amici. Quelle amicizie storiche: all'università insieme, figlie coetanee dei nostri, abbiamo condiviso vacanze, varicelle, influenze, e anche molte altre cose. Due persone fantastiche. Intelligenti, dotati di notevole spirito critico, spontaneamente solidali, sempre disponibili, ma anche creativi, intraprendenti, brillanti.
Due scienziati molto abili, ma per niente con la testa fra le nuvole: sono infatti maestri nell'auto-produzione, dalla passata di pomodoro al pane fatto in casa, dai vestiti di carnevale per le figlie alle decorazioni natalizie, dall'aggiustare biciclette al costruirsi la libreria. Mi domando come facciano a riuscire pure a lavorare, a vivere la vita normale, il tutto apparentemente senza stress eccessivo.
E soprattutto con naturalezza, niente radical-chiccheggiamenti di sorta.
Il risultato di tutto ciò sono anche due figlie splendide, molto equilibrate, serene e consapevoli del proprio ruolo di bambine come i bambini di una volta, autonome e libere come i bambini di campagna, intelligenti e curiose come i bambini di oggi.

In poche parole, poche ubbie e molta sostanza.

Come la loro cucina. Cose buone, sane, fantasiose, senza mai strafare.

L'altra sera ci hanno proposto un piatto buonissimo: baccalà in padella con i porri, a cui all'ultimo erano stati aggiunti dei fagioli cannellini lessati. Una cosa da leccarsi le dita. Pensai: secondo me se ci aggiungiamo le verze se ne può creare una variante squisita. Confermo: con le verze viene altrettanto squisito.

Poi se ne esce la banda dell'MTChallenge, e la vincitrice dello scorso mese Mapi di La apple pye di Mary Pie con gli involtini di verza.


Io la verza la adoro, ma dato che mi lamento sempre che la mia cucina è solo esecutiva, mai creativa, insomma, come mio solito, faccio due palle così, non potevo rifare la ricetta tal quale. Questa volta no.
SE verze baccalà e porri erano un felice connubio, cosa ci sarebbe voluto a trasformare il tutto in fagottini? Nulla, se non fosse che io gli involtini di verza mica li avevo mai fatti. Alla fine l'abbiamo sfangata, ma non vi dico quanto ho imprecato (e quante foglie di verza ho consumato) per farli stare a modino. Perché per strafare avevo pure deciso di metterci il nastrino, io, mica volevo fare dei semplici involtini: la mia idea era fin dal principio di fare una specie di verrine.
O meglio, illuminazione dell'altra sera, delle ver(z)ine.
Sono stata un po' in dubbio se fare una vera e propria farcia, magari con una patata lessa e un uovo, un po' come ha fatto Araba Felice con i suoi involtini al salmone, ma mi piaceva l'idea che si sentisse la consistenza del baccalà sotto i denti, un po' fibrosa ma così piacevole, e quindi alla fine ho messo negli involtini direttamente dei pezzettini di baccalà.
Mamma mia che fatica!
Però alla fine sono venute più o meno (...) come volevo io. E oltre all'occhio, che sempre vuole la sua parte, anche il palato è stato felice.
Insomma, che verzine siano.

Se invece volete farla meno lunga e pallottolosa, insomma, se non avete un foodblog, e non dovete partecipare a contest deliranti, potete anche farvi le vostre verzine in un amen, molto buone e molto suggestive lo stesso: uno strato di verze ripassate in padella, dei pezzettini di baccalà ai porri, sopra alcuni fagioli, qualche goccia d'olio e una spolverata di pepe. Viene buonissimo lo stesso. Però non va bene per partecipare all'MTC.
Quindi vi toccano questi fagottini. Con i quali, non si fosse capito, partecipo all'MTC di gennaio.

Ah! Anche questo è un piatto senza rischi di contaminazioni da glutine, perché tutti gli ingredienti sono senza glutine senza problema alcuno.

Verzine al baccalà, porri e fagioli
Ingredienti (per dodici verrine)
  • 300 g di baccalà già ammollato
  • 3 porri
  • fagioli cannellini secchi (io ne faccio sempre tanticchia dai 300g in su, tanto se avanzano si mangiano il giorno dopo come contorno, si fa la minestra, insomma, non avanzano mai... poi se proprio siete di fretta e la Roberta non vi vede potete eccezionalmente usare i fagioli in scatola)
  • 1 verza
  • aglio
  • sale
  • pepe
  • vino bianco
  • olio EVO
Preparazione
Il giorno prima mettere a mollo i fagioli.

Il giorno stesso lessare i fagioli in acqua, aggiungendo salvia, un po' d'olio e un paio di spicchi d'aglio. Salare a fine cottura (un paio d'ore) e mettere da parte.

In un'altra pentola lessate le foglie esterne della verza, ovviamente precedentemente pulite con cura, fosse mai che nelle piegoline si annidi qualche ospite (nelle foglie delle verze del G.A.S. gli ospiti sono di casa, ad esempio): gettarle nell'acqua a bollore, lasciarcele per qualche minuto e poi stenderle su un canovaccio. Dice di metterle a mollo nell'acqua fredda ma io me ne sono scordata e sono rimaste belle verdi lo stesso.

Già che ci siete pulite anche i porri, ma invece di buttare via la parte verde, lavate anche quella, e scottatele nell'acqua in cui avete fatto sbollentare le foglie di verza, affinché si ammorbidiscano un po', scolatele con un po' d'attenzione e stendete anche quelle sul canovaccio.

A questo punto potete preparare il contenuto dei fagottini. Pulite i pezzi di baccalà, togliete la pelle esterna e le eventuali lische. Affettate sottile sottile la parte bianca del porro, e mettetelo a soffriggere in una pedella in cui avete versato un filo, o meglio qualche filo, d'olio.
Quando i porri si sono ammorbiditi, sfumate con mezzo bicchiere di vino bianco, ed aggiungete i pezzi di baccalà.
Fate rosolare inizialmente a fuoco vivace, girandoli sui due lati, quindi sfumate con un bicchiere di vino bianco, e continuate cuocere a fuoco lento, incoperchiati, per una mezzoretta, girando ogni tanto i pezzi, finché il baccalà è cotto e ammorbidito.

A questo punto formate i fagottini. Tagliate in due le foglie di verza, cercando di dare a ciascuna metà una forma approssimativamente rotonda. Mettete qualche pezzettino di baccalà con un po' del loro intingolo in mezzo a ciascuna mezza foglia di verza, richiudete a sacchettino, fermando la chiusura con un nodino realizzato con un pezzetto di verde di porro sbollentato in precedenza.

Una volta formati tutti i fagottini, rimetteteli nella padella dove è rimasto parte dell'intingolo a base di porri e fateli insaporire per qualche minuto. Eventualmente aggiungere un filo d'olio. Tenerli quindi da parte al caldo.

Mettere nella padella qualche cucchiaiata di fagioli, fate insaporire, passato il tutto con il minipimer (fagioli e intingolo) e componete le verrine, riempiendole per un terzo con la crema di fagioli e porri, e ponendovi sopra il fagottino di verza.

Servire caldi. Con questa dose di baccalà mi sono venute dodici verrine, ma un avanzino di baccalà ce lo siamo mangiati il giorno dopo così com'era.

venerdì 14 gennaio 2011

Il roastbeef della mia mamma

rotolo con la nutella senza glutine
Questo è un piatto di una semplicità disarmante, una di quelle ricette della cucina di casa, di tutti i giorni, quella che però ci può rendere, il giorno che lo fai, un po' più contenti.
Una delle mie ricette, insomma ;-)

Voglio pubblicarla perché lo fa sempre mia mamma, e non avevo mai pubblicato cose della mamma, semmai delle nonne e delle zie. È buffo che sia sua, visto che lei è emiliana, e non è che il roastbeef ci sia tutti i giorni, sulle tavole emiliane (ma ha imparato a farlo da una toscana doc). Mio babbo invece è trentino, e non ama per niente la carne rossa, in particolare quella al sangue. Insomma, come abbia fatto il roasbeef toscano a diventare un piatto di famiglia, è ancora un mistero. Ma come ci è arrivato, non se n'è andato più. Ne va pazzo mio marito, che è un cannibale di natura, mia figlia, che ancora lo chiama, per nostalgia di quand'era piccola, la ciccia rosina. Io non ne parliamo, nella fase adolescente-insaziabile riuscivo a mangiarne un numero di fette irripetibile.

Qual è il segreto del roastbeef, alla fin fine fine? Cottura veloce ma soprattutto il taglio di carne. Qui a Firenze, patria delle carni rosse al sangue, si fa con il bicchiere. Pare che il bicchiere ci sia solo a Firenze e dintorni, altrove non si trovi. Credo faccia parte del quarto posteriore del manzo, ma non ci metterei la mano sul fuoco (tanto per rimanere in tema). Resta il fatto che è il miglior taglio per il roastbeef. Fatelo pure con il girello, con la rosetta, con lo scamone, con lo scannello magari (non viene malaccio), mia mamma quando andavamo in vacanza in Trentino per disperazione lo faceva col filetto (!!!) ma come il bicchiere non ce n'è... Morbidissimo, con un sapore squisito, perfetto da mangiare al sangue.
E lo troviamo solo qui. Se dovete mangiare un buon roastbeef, non vi resta che venire a trovarci a Firenze, insomma.

E ora veniamo alla ricetta. O meglio alla solita non-ricetta.

Roastbeef della mia mamma
Ingredienti
  • 800 g (almeno) di bicchiere. Dovrebbe essere un pezzo ben compatto, va comunque legato
  • olio EVO
  • salamoia (mix di sale, rosmarino, salvia e aglio tritati, io me lo faccio in casa, altrimenti deve essere di prontuario, ma sul prontuario non c'è quindi fatevela in casa che ci vuole un minuto)
  • rosmarino
  • vino bianco
  • sale
  • pepe nero da macinare rigorosamente al momento

Preparazione
Legare la carne, massaggiarla con la salamoia (mia mamma non lo fa, è una mia aggiunta e secondo me ci sta bene) e metterla in un tegame dove ci stia precisa sul cui fondo si sia messo un po' di olio extra-vergine di oliva buono, non troppo pizzichino però.

Far rosolare a fuoco vivace da ogni lato, scoperto, poi incoperchiare e far cuocere un quarto d'ora, venti minuti al massimo. Dev'essere al sangue, ma non sanguinolento. Il momento giusto è quando la carne da rossa sta per diventare rosa.
Se nel corso della brevissima cottura il sugo dovesse ridursi troppo, aggiungere pure un po' di vino bianco.

Quando è cotto, estrarlo dalla pentola e metterlo coperto a freddare un po', eventualmente con un peso sopra per compattare la carne: se si taglia troppo caldo si sfalda e non è una bella cosa.
Tagliare quando si è un po' intiepidito, a fette abbastanza sottili, aggiustare di sale e spolverare di abbondante pepe nero macinato sul momento, coprire con il sugo molto caldo (eventualmente scaldarlo all'ultimo minuto, il sugo freddo è proprio triste), che verrà anche portato in tavola anche a parte, in una salsiera, e via!

Ottimo con le patate arrosto, ma anche con i fagioli al fiasco, bietoline all'agro, rapini rifatti in padella, carciofi trifolati, la morte sua è per me una semplicissima insalata di radicchi di campo condita con olio pizzichino.

Nella foto è servito con finocchi brasati, già al limite per il tipo di contorni che a mio avviso vuole il roastbeef: devono infatti essere semplici, verdure quasi al naturale. Niente sughi, per carità! E nemmeno purè di varia natura. Con il roastbeef ci vogliono dei verdure in stile toscano, semplici, rustiche e saporite.

sabato 8 gennaio 2011

Biovette alla zucca senza glutine

tronchetto di Natale Questa è una ricetta di Norma, alias Madama Bavareisa, insomma, la mia socia dei finocchi.
In particolare questa ricetta.

Mi fa particolarmente piacere pubblicarla perché così posso promuovere il suo bel libro, che ho avuto la fortuna di ricevere parecchi mesi or sono. "E adesso ne parli?" mi direte voi. In effetti ci ho messo parecchio, ma si sa, non sono un fulmine di guerra ;-)

Con Norma abbiamo parlato spesso della questione celiachia, e infatti nel suo libro Madama zucca, cipolla regina alla corte di Re Cardo si trovano sempre i riferimenti delle ricette senza glutine, così come delle ricette vegetariane e vegane, il che dimostra una sensibilità assolutamente encomiabile.

E poi il libro è proprio bello, ricco di spunti, ricette fatte con gli ingredienti del territorio, ma non solo della tradizione, oppure della tradizione ma rivisitate in modo innovativo, come queste biove, che sono buonissime, oltre che belle, così tutte colorate.

Spero che Norma, e tutti voi, mi scusiate delle foto, caratterizzate da un'orribile dominante gialla (io con Photoshop/Gimp sono parecchio imbranata, mica la so togliere...) ma le ho fatte la sera stessa, e poi... e poi le biovette sono scomparse. Non so mica come, a dire il vero ;-)

Ovviamente la ricetta è stata modificata in modo da renderla gluten-free. Certo che sono un bel tipo, di tutte le ricette naturalmente senza glutine che c'erano sul libro ne sono andata a scegliere una che il glutine ce l'aveva di natura, ma queste biovette mi ispiravano troppo, e poi era tanto che volevo provare la preparazione delle biove. Ho seguito le indicazioni di Norma, a parte per la formatura, in cui ho seguito invece quelle delle Simili, praticamente un taglio in più.

Ed ora, ecco a voi, le biovette alla zucca di Norma. Una bella e combattiva ragazza, uno di quegli incontri fortunati che riserva il web.

biovette zucca

Biovette alla zucca senza glutine
(versione gluten free di una ricetta di Norma Carpignano)Ingredienti
  • 550 g di mix di farine dietoterapiche senza glutine* (¶)
  • 200 ml di Trebbiano o altro vino bianco frizzante
  • 150 g di acqua
  • 280 g di zucca cotta al forno passata
  • 60 ml di olio di oliva
  • 10 g di sale
  • 8 g di lievito di birra liofilizzato
  • Un pizzico di zucchero
* Come mix di farine ultimamente uso quello di Felix e Cappera, con una piccola modifica, cioè l'aggiunta di un 10% di farina di grano saraceno. Io ne faccio questa quantità, o il doppio, e lo conservo in un barattolo, e quando mi serve ne prelevo la quantità necessaria.
  • 280 g di mix B della Schar
  • 120 g di farina senza glutine per pane Coop
  • 100 g di farina Pandea
  • 50 g di farina di grano saraceno (¶)
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Preparazione

Sbriciolare in una scodella il lievito in 50 ml di vino, aggiungere un pizzico di zucchero e farina quanto basta per avere una pastella morbida. Coprite e lasciate gonfiare per un'ora.
In una ciotola più capiente mettere il mix di farine avanzato setacciate, la zucca, l’olio, il restante vino, 100 ml di acqua, il sale e il primo impasto. Impastare, verificando la consistenza: deve venire un impasto piuttosto morbido e appiccicoso, eventualmente aggiungere i restanti 50 ml di acqua. L'impasto si fa in una ciotola, con una spatola, quando il tutto è ben amalgamato formare come si può una palla e lasciar riposare in luogo tiepido ma non troppo secco per un’ora (anche di più) o comunque fino al raddoppio della palla. Perfetto il forno con la sola lucina accesa.
Riprendete l’impasto, suddividetelo in metà e poi ancora in quattro.
Per ogni pezzo schiacciate leggermente la pasta fino a ottenere una striscia dello spessore massimo di un cm e la larghezza di 6 circa. Coprire un pacco di farina con un canovaccio infarinato, arrotolare le strisce, e metterne due su un canovaccio infarinato (ho usato il Mix it! della DS), con le chiocciole contro un pacco di farina, alzare un po' il canovaccio e mettere, chiocciola contro chiocciola, le altre due strisce arrotolate. Le chiocciole libere di queste due ultime vanno messe contro un altro pacco di farina.
Per capire come guardate la foto che è meglio.

biovette alla zucca
Lasciare coperti con i lembi del canovaccio una quarantina di minuti, anche qualcosa di più, nel frattempo accendere il forno a 230 °C, mettendo sul fondo un recipiente con almeno mezzo litro di acqua calda.
Quando sono ragionevolmente lievitati, tagliarli a metà per il senso della lunghezza, da chiocciola a chiocciola, in modo che vengano fuori approssimativamente dei mezzi cilindri, e fare, sul lato tagliato, piatto, con una lametta o un coltello affilato un taglio da chiocciola a chiocciola profondo circa 1 cm. Finalmente sono pronte per essere infornate!
Cuocere a 230 °C per 10’, poi abbassare a 200 °C e terminare la cottura dopo altri 20’.

giovedì 6 gennaio 2011

Rotolo alla Nutella senza glutine per bimbi buoni

rotolo con la nutella senza glutine
Questo rotolo è la ricetta giusta per la Befana.
Perché piace da morire ai bimbi, e perché lo rifarò proprio oggi.

Piace anche alla Befana grande, perché è un dolce velocissimo, una vera ricetta da 30 minuti (se mi sente Jamie Oliver...), compresa cottura.
Cosa può desidera di più una madre di una ricetta golosa, adorata dai figli e che si fa in un amen? Avrei voluto scoprirla nella mia precedente vita, quella in cui lavoravo quaranta ore al giorno, quella in cui la cucina era pasta in bianco-pasta al pomodoro-pasta al pesto- (...comprato). Adesso sono una fortunatissima insegnante, sono in ferie quando i miei figli sono in vacanza e posso permettermi ben altre sperimentazioni, ma i bambini preferiscono lui, il rotolo con la nutella.
Questo ha anche il vantaggio, rispetto ad altri tipi di rotolo, di essere farcito a caldo, e quindi tutto è più facile.
Ha un unico difetto: piace sempre a tutti, ma non è il mio dolce preferito.
Nessuno è perfetto...

Modifiche: ho modificato le dosi tutte in proporzione aggiungendo un uovo in più. In questo modo, utilizzando la stessa placca di prima, viene più alto e soffice.

Rotolo alla nutella senza glutineIngredienti
  • 4 5 uova 
  • 100 120 g di mix senza glutine per dolci lievitati (io di solito uso mischiare 30 35 g di farina di riso, 40 50 g di fecola di patate e 30 35 g di amido di tapioca) (*)
  • 100 120 g di zucchero
  • 1 barattolo di nutella o altra crema spalmabile (*)
  • burro per ungere la teglia
  • farina di riso per spolverare la teglia (*)
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (*) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono riportare la dicitura SENZA GLUTINE.

Preparazione
Coprire una placca da forno (io uso direttamente la leccarda) con un foglio di carta-forno imburrato e spolverato con farina di riso. Questo per evitare che il biscuit si attacchi, che è il rischio più grosso di questo dolce.

Separare i tuorli dagli albumi.
Montare i tuorli con lo zucchero, finché scrivono, e gli albumi a neve ben ferma.
Incorporare delicatamente la meringa alla montata di tuorli, mescolando dall'alto in basso, e aggiungere le farine setacciate tutte in una volta. Amalgamare mescolando delicatamente le farine al composto.

Riscaldare il forno a 180°.

Aiutandosi con una spatola versare il composto sulla teglia, cercando di renderlo il più uniforme possibile.

Far cuocere nel forno per 12 minuti.

Nel frattempo mettere il barattolo di crema spalmabile a bagnomaria, per renderlo il più fluido possibile.

Quando il biscuit è pronto, sfornarlo sopra un canovaccio spolverizzato di zucchero semolato.
Spalmarlo abbondantemente di Nutella, arrotolarlo stretto su se stesso sul lato lungo, avvolgendolo infine con il canovaccio, e farlo raffreddare.

Tagliare a rondelle e servire.

Io a volte ne faccio uno, aspetto che raffreddi, lo taglio a fette e le metto direttamente nel congelatore, in modo da poterle dare a merenda a scuola ai bambini.
In realtà è buono anche congelato ;-)

La ricetta è tratta dal mio libro, pubblicato da Giunti Editore.

http://www.giunti.it/libri/cucina/pasticceria-gluten-free/

domenica 2 gennaio 2011

Cioccolato alla fine e cioccolato al principio! E auguri!

cioccolatini ripieni all'arancia
Eccomi di nuovo qua. È un bel po' che non scrivo, ma in queste vacanze ho staccato da tutto, avevamo proprio bisogno di recuperare un minimo di equilibrio, dopo il delirio pre-natalizio. Forse ci siamo riusciti. Mio marito è un po' più sereno, anche se la rabbia per il licenziamento della sua collega e amica è sempre forte, io mi sono un po' rimessa in riga e tutto sommato anche i pargoli hanno superato egregiamente le vacanze, malgrado la figlia grande si sia ri-ammalata per la quinta volta, ma ora sta benino, e speriamo di esserne finalmente davvero usciti. Speriamo.

Adesso siamo di nuovo a casa, pronti a ricominciare. E da cosa si ricomincia, secondo la logica che mi è cara, ovvero "prima il piacere poi il dovere"? Il blog, ovviamente!

Ennesimo post al sapor di cioccolato, per augurarvi buon anno con un po' di ritardo, o buona befana con un po' di anticipo.
Prometto che per un po' sarà l'ultimo, ma questo andava pubblicato, se no mi sarebbe toccato aspettare il Natale prossimo, vista la presenza della palla natalizia nella foto :-)

E poi questi ninnoli mi hanno dato abbastanza soddisfazione, sono stati il primo esperimento in cui non ho seguito pedissequamente una ricetta, ma ho variato un po'; oh! non state ad immaginarvi niente di troppo fantasioso: la farcia è quella tipica di quasi tutti cioccolatini, una ganache al cioccolato (nello specifico al latte), in questo caso profumata all'arancia, che è l'altro leit-motiv di questo periodo. Complice il G.A.S., e le sue due casse di arance Tarocco squisite, che mi hanno costretto a giocare di fantasia. Anche se alla fin fine, fra figlio piccolo e marito goloso, qui avrei dovuto produrre litri di spremuta al giorno e basta!
Per essere un primo tentativo con gli stampi in policarbonato, non mi lamento. A guardar bene le foto si noterà la presenza di qualche forellino, a testimonianza di una non perfetta vibratura (e, aggiungo io che c'ero, di un temperaggio a temperatura troppo bassa, con il risultato che i gusci si sono solidificati un po' troppo in fretta), ma insomma, non stiamo troppo a sottilizzare.
Peraltro gli stampi erano veramente eleganti. Grazie Nanni per avermeli procurati!
Ovviamente il procedimento è quello che ci ha insegnato sempre lui al corso. Ed anche sul temperaggio leggete il suo post.
Smetterò per un po' di pubblicare post cioccolatosi se no sembra che voglia ingraziarmi il Nanni per qualche motivo. Ma che ci volete fare, se è da lui che ho imparato, è lui che devo nominare. Se c'è una cosa che odio nei blog di cucina è chi copia o si ispira senza dichiararlo!

Cioccolatini ripieni al profumo di arancia
Ingredienti (per 21 cioccolatini)
  • 350 g cioccolato fondente (ho usato un 70% di cacao) (¶)
  • 90 g cioccolato al latte (ho usato un mi-doux al 46% di cacao) (¶)
  • 35 g di panna da montare
  • buccia di un'arancia non trattata
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Preparazione
Le dosi sono un po' abbondanti, ma quando si ha a che fare con il cioccolato diventa difficile lavorare con le dosi precise, bisogna abbondare. Tutto quello che è avanzato l'ho usato per fare dei torroncini alla maniera della Mapi.
Temperare il cioccolato fondente e riempire uno stampo da 21 cavità, "vibrarlo" energicamente per far uscire le bollicine d'aria che si fossero eventualmente formate, rovesciare lo stampo per eliminare il cioccolato di troppo. Ripulire lo stampo con la spatola e
lasciarlo rovesciato su un foglio di carta-forno per 5'. Ripulirlo nuovamente con la spatola, se necessario, e metterlo in frigo coperto con un foglio di carta-forno per un quarto d'ora a solidificare.
Nel frattempo preparare la ganache all'arancio.
Far prendere l'ebollizione alla panna (io l'ho messa nel micro-onde) e, quando bolle, metterci dentro il cioccolato al latte tritato, mescolando finché non si è sciolto ed amalgamato completamente. Grattare la buccia dell'arancia fine fine ed amalgamarla alla ganache.
Far raffreddare un po' la ganache, quindi metterla in un sac-à-poche con bocchetta liscia piccola (5 mm), estrarre lo stampo dal frigo e riempire i gusci ormai solidificati fino a 3/4 con la ganache. Vibrare lo stampo e rimettere in frigo per una decina di minuti.
Nel frattempo temperare nuovamente il cioccolato di copertura rimasto, ed utilizzarlo per chiudere i gusci. Vibrare delicatamente lo stampo, ripulire con la spatola e lasciar solidificare.

Quando sono pronti torcere lo stampo nei due versi, e poi rovesciarlo di colpo sul piano di lavoro. Se tutto è andato come deve i cioccolatini escono da sé senza problemi.

Con questa ricetta partecipo al folle contest di Sara di Cook and the City,

Contest Gastronomia - Cook and the City

Dal test risulto piccante, e, per bilanciare questa mia tendenza, devo fare una ricetta unami, che, vi confesso candidamente, non so cosa voglio dire. Però il caso vuole che il cioccolato sia terribilmente unami, e quindi io sia un mese che sto tentando di bilanciarmi.
Insomma, se la parte finale di questo post vi sembra delirante, andate sul link e, forse, ci capirete un po' di più :-)

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